Mogli e concubine di Su Tong – il libro- la recensione

Difficile dimenticare la bellezza e la drammaticità del film Lanterne rosse di Zhāng Yìmóu tratto dal libro Mogli e concubine di Su Tong, un film che fra l’altro confermò lo straordinario talento di Gong Li.

Mogli e concubine di Su Tong racconta la storia di Songlian, giovane studentessa che morto il padre, suicida, per sfuggire alla povertà sposa il ricco e molto più grande Chen Zuoqian. Sullo sfondo c’è la Cina pre-rivoluzionaria, ancora vagamente medievale. Songlian è la quarta moglie, prima di lei vengono: Meishan, Yuru e Zhuoyun. Meishan è una cantante lirica, Yuru ormai un’anziana signora madre del primo maschio Chen e Zhuoyun, la più amichevole, si rivela essere la più perfida delle tre. Nel palazzo ogni moglie ha la sua residenza privata, le sue stanze, la sua servitù e la propria solitudine. Se la moglie non ha figli maschi ha meno possibilità di acquisire l’interesse del padrone ed ugualmente quando invecchia o disonora la casata, perchè ci sono delle regole ben precise in casa Chen e delle punizioni altrettanto ben definite per chi non le rispetta.

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Mogli e concubine

La vita ed il potere delle donne sono regolate dalle lanterne (nel film): ogni sera il padrone sceglie con chi trascorrerà la notte ed in quella casa vengono accese le lanterne rosse, la moglie che ha le lanterne accese ha diritto a dei privilegi, finchè le lanterne non vengono accese altrove, nel libro invece sono menzionate poco e niente.

Naturalmente non mancano le rivalità, le umiliazioni e le alleanze, persino la magia nera, perchè ognuna vuole essere la prescelta. Songlian finirà con l’essere una vittima delle trame intessute dalle altre mogli, ma non solo lei e non in modo passivo perchè la quarta moglie rifiuta questo assurdo modo di vivere ribellandosi. Tuttavia il mondo a cui Songlian vorrebbe ribellarsi finisce con il chiudersi sopra di lei condannandola alla follia.

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Giunta sul posto, vide che il tavolo e le sedie erano ricoperti da uno strato di polvere; poi si avvicinò al pozzo, che aveva le pareti e la pedana completamente ricoperta di muschio, e vi si affacciò. L’acqua era nera con riflessi blu, in superficie fluttuavano delle foglie morte, Songlian vide sull’acqua il riflesso ondeggiante del suo viso e sentì il rumore sordo e debole del respiro amplificato dal pozzo. (…) In quell’attimo provò un gelo penetrante, come se fosse stata colpita da una pietra. (…)”

Un libro molto scorrevole e veloce da leggere, un’eroina, Songlian, coraggiosa e vittima di un mondo che non le appartiene e che la imprigiona. Chiaramente dietro “capolavoro minore” si cela l’intento di una critica sociale da parte di Su Tong; l’universo femminile che viene descritto è molto lontano dall’essere solidale e familiare, è invece gelido, opportunista e crudele.

Con la sua narrazione asciutta, coincisa e semplice, Su Tong riesce a rendere perfettamente la claustrofobia del palazzo, l’asprezza dell’ipocrisia degli atteggiamenti formali, la feroce solitudine, il desiderio di considerazione, la gelosia ed il dramma della lotta per un potere effimero fra quattro donne recluse.

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