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ToggleCrimini informatici: quando il computer diventa un’arma
In un mondo sempre più dipendente dai computer e dalle transazioni online, ci si aspettava che sarebbero emerse azioni criminali legate all’uso del computer, chiamato anche crimine informatico. Uno dei fattori che ha incoraggiato la crescita del cybercrime è il fatto che il reato informatico viene considerato un reato “pulito”, in cui i criminali non hanno contatti diretti con le loro vittime e, in generale, non implicano violenza o sangue. Questi crimini hanno assunto una tale scala che occorrono enormi sforzi e spese per evitarli. Ma, mentre da un lato la lotta contro il crimine informatico è una questione per detective, agenti di polizia ed esperti, dall’altra parte, come possono difendersi aziende e i privati cittadini rispetto ai reati informatici?
Il crimine che coinvolge i computer copre tutta una serie di attività illegali piuttosto varie. Una di queste è proprio la creazione di falsi profili. Vediamo cosa comporta questo atteggiamento e se si possano utilizzare stampe di pagine web in un processo penale.
Creazione di un account di posta elettronica con falsa identità
Un crimine informatico che sta diventando comune è la falsificazione delle identità attraverso Internet. Le persone, al fine di preservare la loro privacy o creare danno ad altre persone, creano e-mail e profili sui social network ( Facebook tanto per fare un esempio) con soprannomi o addirittura con nomi di personaggi famosi, pratica che si è consolidata nel tempo. Ci sono delle situazioni in cui la sostituzione di persona attraverso la creazione di un account e-mail diventa reato ed è specificato nell’art. 494 del Codice Penale. Questa norma è stata interpretata stabilendo che, anche se è lecito attivare un account di posta elettronica senza utilizzare il proprio nominativo, esso diventa reato nel momento in cui si crei un indirizzo e-mail che abbia lo stesso nominativo di un’altra persona o azienda inducendo in errore gli utenti ignari di interloquire con una persona diversa da quella che pensano. I reati, nello specifico, sono sia la lesione della privacy che la lesione della pubblica fede in quanto, secondo la giurisprudenza, ingannare gli utenti con cui si entra in contatto diventa un’azione illecita che prevede il risarcimento del danno.
Ma come dimostrare tutto questo? La giurisprudenza ammette come prova la stampa di pagine web come prova dell’illecito? Parliamone.
Come difendersi dal Cybercrime
Ne processi penali sono sempre più frequenti i casi in cui vengono presentati documenti a difesa dell’imputato o della parte civile acquisiti attraverso la stampa di pagine web per la dimostrazione di un fatto. A questo proposito la Corte di Cassazione ha chiarito, sin dal 2003, che “senza garanzie di rispondenza all’originale e di riferibilità temporale, la stampa su carta di una pagina web non può avere il valore di una prova”.
Questo, in sostanza, a causa di 3 principali motivi:
- i dati informatici sono facilmente modificabili senza lasciare traccia alcuna rendendo impossibile la precedente determinazione dello stato del dato informatico
- i dati sul web risultano volatili in quanto possono essere cancellati o modificati senza avere possibilità alcuna di recuperarli
- i dati informatici sono anonimi in quanto è impossibile risalire a chi lo ha generato e trattato
Per concludere, perché una stampa di una pagina di internet o di Facebook sia considerata una prova valida è necessario che venga corredata da una garanzia che tale documento abbia una data certa e che corrisponda all’originale.
Fonte per l’approfondimento dei Reati informatici