Razzismo nel calcio: qual è la situazione dopo anni di campagne di sensibilizzazione

Il razzismo è un problema persistente che l’umanità sta cercando di combattere in qualunque settore, dal cinema fino allo sport. Tuttavia, nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione, la situazione è tutt’altro che definitivamente risolta. Ci sono stati sì dei miglioramenti da registrare, ma gli episodi legati al razzismo possono dirsi ancora troppo costanti, destando preoccupazione. D’altronde, si tratta di una problematica radicalizzata nel tempo, e serve l’aiuto della popolazione globale per riuscire a superare tali difficoltà.

La piaga del razzismo nel mondo del calcio è emersa in modo piuttosto lampante a cavallo tra gli anni ’90 e i 2000 e non a caso è in quel periodo storico che hanno avuto inizio svariate campagne di sensibilizzazione. Tra le più memorabili ce n’è una in particolare, ovvero ‘Stand Up, Speak Up’, lanciata da Thierry Henry in collaborazione con Nike, che aveva come simbolo un doppio bracciale in plastica (nella sezione riservata a questi oggetti del sito www.fullgadgets.com ci si può fare un’idea del suo aspetto) in cui bianco e nero si incrociavano per rappresentare l’uguaglianza razziale. Chiunque sia attivo nel calcio ha subito episodi discriminatori a causa del colore della pelle o dell’etnia, e in tanti tra tifosi, allenatori e calciatori, hanno denunciato gli accaduti per salvare l’esperienza e la reputazione di questo sport. Ma qual è la situazione dopo anni di campagne di sensibilizzazione? Di seguito un approfondimento a riguardo.

Le campagne di sensibilizzazione sul razzismo nel calcio

Le campagne di sensibilizzazione sul tema del razzismo all’interno del mondo del calcio sono state numerose, con la finalità di educare i tifosi e le persone in generale. Attraverso l’utilizzo di materiali informativi, video e attività varie, le organizzazioni hanno tentato di mostrare le conseguenze dannose derivate dalla discriminazione. Allo stesso tempo c’è stata un’ampia promozione dell’inclusività, sottolineando l’essenza della diversità. Ogni calciatore (ogni persona) deve sentirsi accettata e rispettata da tutti. Grazie alle iniziative partite dalle organizzazioni calcistiche o dai calciatori in prima persona, i diretti interessati hanno potuto dire la loro sulla questione condividendo anche la loro esperienza.

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I giocatori di fama internazionale hanno un’influenza decisiva sulle nuove generazioni, nonché sui tifosi; per tale ragione, sono stati numerosi gli spot promozionali girati dai calciatori e gli appelli effettuati sui social media (e non solo). Tramite questi ultimi, sono stati resi virali alcuni hashtag come #NoToRacism. Infine, c’è da segnalare che le campagne di sensibilizzazione nel calcio hanno insistito con delle azioni concrete, tra cui delle misure disciplinari molto severe contro chi è protagonista di episodi discriminatori. Il razzismo va combattuto, questo è il messaggio fondamentale da continuare a sostenere, e le multe salatissime – così come le sospensioni – provano la serietà e la delicatezza dell’argomento.

Razzismo nel calcio: la situazione attuale

A dispetto dei molteplici sforzi, attualmente gli episodi di razzismo sono ancora numerosi, sia tra i dilettanti che tra i professionisti. Lo sport storicamente e idealmente è sempre stato promotore di valori positivi come la condivisione, la lealtà e il rispetto. Ma oggigiorno avviene fin troppe volte il contrario, e il calcio italiano ne è un esempio concreto purtroppo, ma non solo. Le manifestazioni discriminatorie sono presenti in diverse forme, dalle aggressioni fisiche a quelle verbali, passando per gli striscioni e i cori degli Ultras. I più colpiti sono i calciatori di colore appartenenti alla squadra avversaria, ma spesso lo sono anche i tifosi provenienti da città differenti, geograficamente situati al centro e al sud della penisola italiana.

Nell’era del digitale è possibile osservare delle forme d’odio contenute in dei messaggi; questo fenomeno prende il nome di “Hate Speech”, e il calcio è lo sport più colpito, stando alla ricerca realizzata dal Centro Coder dell’Università di Torino. Infatti, i dati registrati su Facebook sono incontrovertibili: il 12,3% dei commenti posti in basso alle notizie condivise sul calcio, riflettono sentimenti d’odio. Inoltre, i calciatori maggiormente colpiti sono Mario Balotelli e Romelu Lukaku, ai quali vengono continuamente rivolti insulti razzisti. Concentrandoci sulle squadre di calcio, invece, è l’Inter la più colpita sulla piattaforma di Facebook, mentre su Twitter è il Napoli ad avere il triste primato. C’è anche da segnalare che molti di questi commenti sono legati all’appartenenza dei tifosi a dei movimenti e dei gruppi di estrema destra.

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Altri dati sul razzismo e le discriminazioni in Italia

Per citare altri dati preoccupanti, bisogna segnalare che i calciatori di Serie A sono i più bersagliati dai suddetti fenomeni, contando in media 7 casi su 10. Gli episodi di razzismo avvengono tramite cori (36%) e insulti verbali (22%); i calciatori neri sono i primi ad esserne colpiti (39%), seguiti da quelli provenienti dai Balcani (11%) e dall’America Latina (8%). Eccessivi gli insulti verso le regioni italiane meridionali, con la Lombardia a detenere questo allarmante primato (subito dopo c’è il Lazio), attuato contro squadre militanti nel Sud Italia. La violenza è diffusa persino nei campionati dilettantistici, dove in un anno circa 151 arbitri – di cui 8 donne – sono stati assaliti in campo.

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