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ToggleA livello normativo, abbiamo una grossa lacuna in quanto la stessa convivenza more uxorio non è disciplinata e pertanto, a seguito della cessazione della convivenza, avanti al giudice, vengono tutelati esclusivamente gli interessi degli eventuali minori nati dalla coppia di fatto.
Tuttavia, recente giurisprudenza, ha individuato soluzioni volte a porre una tutela a livello patrimoniale, nel caso di scioglimento dell’unione di fatto.
Si è, infatti, ricorso all’istituto dell’azione di arricchimento senza giusta causa: grazie a tale azione, il convivente che abbia versato delle somme per l’acquisto di beni funzionali alla convivenza (beni, poi, restati nella titolarità dell’ex partner), potrà recuperare quanto anticipato in presenza di determinate condizioni.
Detto istituto, però, nelle convivenze di fatto incontra il limite previsto dall’articolo 2034 del codice civile che disciplina le obbligazioni naturali, secondo il quale non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente versato in esecuzione di doveri morali o sociali.
Si ritiene, invece, possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente “more uxorio” nei confronti dell’altro, in presenza di prestazioni a vantaggio del primo “esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va stabilito in relazione alle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto –, e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza” (così, infatti, ha stabilito la Corte di Cassazione Civile, con la sentenza del 22/09/2015 n. 18632).
E’ stata, cosi, riconosciuta l’esperibilità dell’azione di arricchimento senza giusta causa in tre ipotesi:
1) acquisto di bene immobile da parte di uno dei conviventi;
Con la citata sentenza del 22/09/2015 n.18632, infatti, la Corte di Cassazione è giunta a riconoscere il diritto del convivente ad ottenere, attraverso l’esperimento dell’azione di arricchimento, la restituzione delle somme versate per l’acquisto della casa intestata all’ex compagna una volta cessata la convivenza.
2) ristrutturazione di bene immobile finanziata da uno solo dei conviventi;
Il Tribunale di Treviso ha riconosciuto il diritto del convivente alla restituzione di quanto corrisposto alla sua ex compagna per la ristrutturazione dell’immobile di proprietà di quest’ultima, ritenendo che tali esborsi non possono considerarsi come contributo alla vita comune, dal momento che si tratta di opere destinate a migliorare ed incrementare il valore di un bene di proprietà e non appaiono strumentali alle concrete esigenze quotidiane della coppia.
3) acquisto di beni mobili da parte di uno solo dei conviventi.
Con la sentenza n. 25554 del 30/11/2011 la Corte di Cassazione, sempre in materia di convivenza “more uxorio”, ha ribadito come “la proponibilità, da parte del proprietario di un bene, dell’azione di arricchimento, nei confronti del terzo che ne abbia goduto senza titolo, va riconosciuta indipendentemente dalla possibilità per il proprietario medesimo di richiederne la restituzione”.