Pancreas: ricostruito per la prima volta al mondo nel midollo osseo al San Raffaele di Milano.
Ricostruire una parte delle funzionalità del pancreas dopo l’asportazione dell’organo nel midollo osseo si può. E’ quanto ha dimostrato con un intervento un’equipe di ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano. Lo studio, condotto per la prima volta al mondo su quattro pazienti è stato appena pubblicato sulla rivista Diabetes, la più importante rivista scientifica di diabetologia al mondo e affiliata all’ADA, American Diabetes Association.
I ricercatori e i clinici hanno concentrato i loro studi sul diabete di tipo 3C, che colpisce i pazienti a cui viene asportato il pancreas perché perde le funzioni dell’organo. Tra queste, la funzione principale è la regolazione del metabolismo degli zuccheri. Il diabete 3C è difficile da controllare anche con le più avanzate terapie insuliniche.
Nel diabete “classico” ovvero quello di tipo 1 o 2, il danno è sostanzialmente limitato alla cellula che produce insulina, mentre nel diabete 3C tutte le cellule endocrine che risiedono e che producono ormoni importanti perché regolano i livelli di zucchero nel sangue, nel pancreas vengono meno con conseguenze per il paziente assai gravi: il peggioramento della qualità di vita e il rischio di complicanze gravi sono tra le prime, insieme al rischio di coma ipoglicemico.
I ricercatori del San Raffaele
Hanno prelevato dal pancreas asportato chirurgicamente le cellule endocrine ricostruendo l’organo nel midollo delle ossa dello stesso paziente, a livello del bacino, e ottendendo così una sorta di “organo puzzle”.
Il tessuto endocrino impiantato nel midollo di quattro pazienti ha attecchito e la pratica ha funzionato. I pazienti sono stati tenuti in osservazione per un periodo di 3 anni e la buona riuscita dell’esperimento ha dimostrato per la prima volta che questa procedura è praticabile con un ottimo margine di sicurezza ed efficacia.
«E’ un risultato straordinario e potrebbe aprire in generale scenari inaspettati nel campo della medicina rigenerativa»
ha confermato Lorenzo Piemonti, responsabile del programma di trapianto di isole e dell’Unità della Biologia delle Beta Cellule al Diabetes Research Institute (DRI) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
«L’approccio utilizzato in questi pazienti è innovativo e dimostra per la prima volta che è possibile per un tessuto non ematopoietico, e nella fattispecie endocrino, sopravvivere e funzionare in un ambiente molto particolare come quello del midollo osseo, dove normalmente vivono le cellule staminali del nostro corpo dedicate principalmente alla creazione del sangue. »
«Normalmente, nella pratica clinica, fino ad oggi il midollo osseo è stato utilizzato per accogliere trapianti di cellule staminali ematopoietiche in pazienti con malattie come la leucemia. E’ straordinario vedere come in realtà questo ambiente sia in grado di accogliere anche altri tipi di tessuti»,
aggiunge Fabio Ciceri, responsabile Unità Ematologia e Programma Trapianto Cellule Staminali.
«Prevenire l’insorgenza del diabete post-chirurgico mediante l’uso del tessuto autologo è un concetto innovativo che offre una nuova prospettiva terapeutica ai pazienti con malattie del pancreas»,
dichiarano Gianpaolo Balzano e Paola Maffi primi autori dello studio e responsabili, rispettivamente, dell’Unità di Chirurgia Pancreatica e Unità Trapianto Isole.
«La nostra speranza è che il microambiente del midollo osseo possa essere utilizzato anche nei pazienti con diabete di tipo 1 sottoposti a trapianto allogenico da donatore d’organo. Grazie a questa prima esperienza, abbiamo potuto iniziare uno studio clinico anche in questi pazienti e, presumibilmente, avremo i primi risultati a partire dal prossimo anno. In questo caso la situazione è più complessa poiché si deve tenere conto della reazione del sistema immunitario», conclude Lorenzo Piemonti.
(fonte Quotidiano.net)