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Ci si chiede cosa possa fare un conduttore di un immobile, in particolare se la locazione sia a fini commerciali, nel periodo di emergenza legato alla situazione pandemica creata dal Covid-19.
In buona sostanza, la questione è comprendere se il conduttore possa vantare un diritto del conduttore durante il Coronavirus, alla riduzione del canone di locazione.
Si pensi, infatti, agli evidenti danni da mancato guadagno che potrebbe avere il gestore di una qualsiasi attività commerciale, che abbia un contratto di locazione che, in conseguenza dell’emergenza sanitaria e dei provvedimenti governativi adottati, si sia trovato costretto a sospendere l’attività e, di conseguenza, a subire una riduzione degli incassi, per le misure di contenimento che gli sono state imposte.
La risposta del Tribunale di Roma
Ebbene, questa problematica è stata di recente affrontata dal Tribunale di Roma che, nell’ambito di un procedimento cautelare – ossia, un giudizio con il quale si è chiedto al giudice di emettere un provvedimento che, al ricorrere di determinati requisiti, tutelasse subito la situazione giuridica per la quale si era invocata tutela -, ha accolto la richiesta del conduttore, ritenendo sussistere la violazione del canone di buona fede oggettiva.
La buona fede e il dovere di solidarietà
Spieghiamo cosa significhi: in buona sostanza, si tratta di rispettare il dovere di solidarietà sancito dall’art. 2 della nostra Costituzione.
Nel caso deciso dal Tribunale di Roma, si era giunti alla conclusione che il locatore non aveva ottemperato all’obbligo di rinegoziare le condizioni economiche del contratto di locazione, a seguito delle sopravvenienze legate all’insorgere della pandemia per Covid-19, violando appunto il citato principio.
La clausola generale della buona fede, ha perciò consentito al giudice di tutelare in questo caso il conduttore, anche se un caso del genere non è contemplato dal legislatore, non essendovi infatti nel nostro codice civile uno strumento idoneo a fornire una tutela in casi emergenziali, come quelli che stiamo oggi vivendo a causa del Covid-19.
In casi come questi, non sarebbero infatti applicabili altri rimedi, come quello previsto dall’art. 1463 del codice civile, che riguarda l’impossibilità sopravvenuta di effettuare la propria prestazione e nemmeno quello previsto dall’articolo 1467 del codice civile, che prevede la possibilità per il contraente, a carico del quale si verifichi l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, di richiedere la risoluzione del contratto, rimettendo all’altro contraente la scelta di offrire condizioni diverse da quelle pattuite.
E nemmeno i provvedimenti governativi adottati con i vari DPCM sono risultati sufficienti a riportare in equilibrio il contratto di locazione, in casi in cui come quelli che stiamo affrontando.
Può, dunque, parlarsi di un vero e proprio diritto alla rinegoziazione del canone di locazione ?
Dal momento che è pacifico che, in casi eccezionali e imprevedibili, come quello determinato dalla pandemia che stiamo vivendo, il conduttore riceverebbe indubbiamente uno svantaggio dal protrarsi dell’esecuzione del contratto, se mantenuto alle stesse condizioni pattuite inizialmente, con la domanda cautelare proposta avanti il Tribunale di Roma, si è chiesto il diritto di poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenuto mediante una azione di riduzione, in via equitativa, del canone di locazione.
Ebbene, accogliendo questi motivi, il Tribunale di Roma ha disposto la riduzione del canone di locazione (fino al mese di marzo 2021), accertando che, anche dopo la riapertura dell’esercizio commerciale, l’accesso della clientela era rimasto contingentato per ragioni di sicurezza sanitaria.
Alleghiamo l’Ordinanza del Tribunale di Roma, per un maggior approfondimento della questione.
A cura dello studio Legale Caradonna & Iellamo Livorno