Il sole sta per sorgere e con tutta la squadra di caccia siamo già a fare colazione.
Beppe, il capocaccia, ci ha già spiegato come si svolgerà la battuta e ha assegnato le poste; a me è toccata una “posta mobile”, sarà perché sono giovane e all’occorrenza una corsetta la posso fare.
Abbiamo atteso molto questa giornata. Saliremo fino a circa 600 metri ma fortunatamente la zona di caccia è facilmente raggiungibile da strade, anche asfaltate fino a certi punti, e sentieri ben battuti quindi percorribili con i fuoristrada e i quad.
Il mio segugio italiano Lela è irrequieta, non vede l’ora di lanciarsi sulle tracce di un cinghiale, sembra quasi che li senta fin da qui. Non si finisce mai di imparare sui cinghiali, l’esperienza è fondamentale, ma anche aggiornarsi sui vari blog di caccia, ed io nel tragitto in auto ho letto tutto ciò che c’è da sapere sulla caccia al cinghiale sul sito Cacciapassione.
Qualche altra precisazione da parte del capocaccia e si parte per la zona della battuta. Si tratta di una zona molto vasta in cui i trottatori di fuga non sono tantissimi pertanto facilmente controllabili dalle poste strategicamente posizionate. In questa zona la macchia alterna fitte pinete a zone più aperte con roverelle ed altri alberi nostrani e soprattutto castagni, il tutto disseminato da un sottobosco di fitti cespugli e intricati rovi. In queste zone si possono trovare ungulati di ogni genere, Caprioli, Daini e Cervi ma la tracciatura di stamattina pare abbia mostrato anche la presenza di un bel branco di cinghiali e di almeno tre grossi esemplari che si aggirano per queste alture quindi ci si aspetta una bella battuta. Inoltre abbiamo la fortuna di essere accompagnati dal bel tempo, siamo a fine settembre ma fa ancora caldo e stamattina il cielo è limpido, non c’è l’ombra di una nuvola.
Tutti si dirigono alle poste assegnate ed una volta in posizione Beppe segnala alla radio l’inizio della battuta. Considerata la vastità della zona, con il capocaccia, i più anziani della squadra e gli altri canai si è deciso all’unanimità di non sciogliere grosse mute ma solo pochi segugi sicuri. Uno è proprio la mia Lela, una cagna di maremmano tigrato che conosce molto bene il mestiere; poi ci sono Willy e Argo, due Gran Bleu de Gascogne dell’amico Luigi.
Appena liberati nella zona di pastura, nei pressi di alcune rumate “vive” i segugi attaccano subito fiato prendendo confidenza con il terreno di caccia; la voce più squillante è quella della mia Lela, avrà trovato qualcosa di buono, gli altri segugi abbaiano di consenso e pochi minuti dopo i cani cominciano ad accostare risalendo velocemente un costone. Gli abbai sono ben scanditi e udendoli alternarsi si può facilmente capire come stiano seguendo l’usta degli irsuti; ogni tanto qualcuno dei cani raddoppia l’abbaio facendo capire quanto forte fosse la scia olfattiva lasciata dai cinghiali, siamo vicini, ascolto con soddisfazione l’accostamento e non resta che attendere la fatidica abbaiata a fermo.
Ma non si aspetta molto, infatti dopo qualche istante di pausa probabilmente per prendere la giusta posizione, improvvisamente il silenzio del bosco viene squassato dall’abbaio a fermo della Lela seguita in coro da Willy e Argo… “Trovato!”
Comincia la canizza con un susseguirsi di latrati e abbai a fermo, probabilmente il cinghiale sta cercando di divincolarsi per fuggire ma i cani lo braccano a breve distanza; “Nicola, viene dalla tua parte!”, gracchia la radio; infatti a giudicare dall’abbaio dei cani il cinghiale pare stia arrivando da una zona di sporco a poche decine di metri da me quindi comincio a spostarmi per trovare la giusta posizione con la visuale più libera possibile.
A giudicare dagli altri guaiti e gli abbai che sento in lontananza immagino che i canai con la maggior parte dei segugi ancora al guinzaglio stiano facendo molta fatica a tenerli calmi.
Sento l’abbaio dei tre segugi sempre più vicino, l’adrenalina sale e nella mia mente i pensieri cominciano ad accavallarsi però riesco a restare lucido concentrandomi su quella macchia di vegetazione dalla quale sento arrivare i cani. E’ da quelle frasche che uscirà il cinghiale…spero!.Imbraccio il mio fucile, un Franchi Xpress a canna rigata in 30.06, senza perdere di vista i cespugli cerco in tasca un paio di cartucce e le infilo in fretta nelle due canne sovrapposte. Il suono della bascula che si chiude perfettamente mi da un senso di sicurezza ed improvvisamente quel senso di agitazione tipico della scarica di adrenalina sembra essersi annullato, ora tutto sembra più tranquillo e i cani sono sempre più vicini…troppo vicini.
Imbraccio definitivamente il fucile pronto al tiro ma i cani sembrano aver cambiato direzione forse vanno incontro ad un’altra posta; vicino alla mia, a circa 300 metri, c’è l’Ambrogio, uno dei più anziani della squadra e di sicuro non se lo lascerà sfuggire. No, aspetta un attimo! Alla mia destra sento un rumore tra i rovi che mi fa girare di scatto ancora in puntamento e dopo pochi istanti il fitto groviglio di rovi viene squarciato da un peloso bolide scuro come la pece che si fionda verso il pulito della pineta come una palla di cannone appena sparata. Nella mia mente improvvisamente non c’è più posto per i pensieri e il fucile sembra seguire automaticamente la sagoma nera del cinghiale in fuga a circa 15 metri da me. Non c’è altro tempo…Fuoco! L’animale rotola a terra, l’ho preso ma… No, quel diavolo nero si rialza e ricomincia a correre. Provo immediatamente il secondo colpo ma riesco solo a padellare. Comincio a correre e lo inseguo ma dopo pochi metri già lo perdo di vista tra gli alberi e i fitti cespugli.
I cani mi raggiungono e proseguono la corsa abbaiando come dannati ancora all’inseguimento dell’animale. Nel posto dove è rotolato c’è una grossa macchia di sangue rosso vivo…allora l’ho preso davvero! I cani non ci metteranno molto a riprenderlo quindi do la notizia agli altri della squadra tramite la ricetrasmittente poi insieme all’Ambrogio ci mettiamo a seguire le tracce di sangue e la voce dei cani che adesso sembrano essersi fermati abbaiando e ringhiando, forse l’hanno trovato.
Percorriamo circa 600metri nella pineta e infatti vediamo a poca distanza davanti a noi i cani che circondano l’animale ormai esanime tra i cespugli, un bel verro da circa 70 chili. Vedendolo correre così veloce poco prima mi era sembrato più piccolo ed ero abbastanza sorpreso di essere riuscito a colpirlo. L’Ambrogio dandomi una pacca sulla spalla si congratula, il suono del corno scandisce il termine della prima battuta di caccia al cinghiale e l’anziano cacciatore mi dice.. “E bravo Nicola, ora recuperiamolo che è ancora presto, la giornata è appena cominciata e ci sono altri cinghiali da cacciare”.